Il cambiamento è inevitabile e costante, esattamente come averne paura.

A primo impatto, istintivamente i cambiamenti, che siano personali o lavorativi, almeno un po’ ci spaventano. Ma perché questo accade?
Una risposta univoca, adatta ad ogni situazione, non può esistere ma si possono sicuramente identificare delle reazioni di base che caratterizzano il comportamento di tutti noi, aldilà del contesto specifico.
Il più comune dei sentimenti riguarda la naturale paura nei confronti dell’ignoto, poco importa se relativo alla nostra sfera personale o lavorativa.
Una reazione inconscia legata ad un forte spirito conservativo ci spinge a temere ciò che non conosciamo.
Una sensazione di paura legata al fatto che l’ignoto è per definizione meno prevedibile e quindi meno controllabile e ciò può trasmetterci la sensazione di non riuscire a gestire la situazione, qualsiasi sia, perché diversa dalle precedenti che abbiamo vissuto.
La prima naturale conseguenza di un approccio di questo genere è quella di pensare che non riusciremo a raggiungere gli obiettivi e risultati che avremmo voluto ottenere, cominciamo a credere meno in noi stessi e a dubitare delle nostre capacità.
Queste sensazioni accomunano gran parte delle persone e, di conseguenza, sono ampiamente diffuse anche all’interno delle aziende che, per definizione, sono composte e portate avanti dal lavoro dei loro collaboratori.
Davanti a un cambiamento, organizzativo e personale, in primo luogo è importante ricordarsi che la prospettiva con cui ci si approccia alle situazioni che dobbiamo affrontare determina in gran parte il risultato finale e, soprattutto, il nostro stato d’animo.
Non dipende tanto da cosa ci capita, ma da come reagiamo, ci organizziamo e gestiamo il momento.
Davanti a un cambiamento il primo e più corretto approccio è quello di ricordarsi che non possono esistere percorsi senza necessità di dover scegliere su che aspetti puntare, il fulcro sta nel comprendere chiaramente le diverse opportunità che le differenti scelte possono portare.
Una situazione di prolungata staticità, specialmente in ambito lavorativo, dovrebbe essere un forte campanello di allarme poiché là dove non ci sono cambiamenti non c’è sicuramente crescita, né del business né delle persone coinvolte.
Altro tassello fondamentale consiste nel comprendere come muoversi quando ci si trova ad affrontare un cambiamento.
Non bisogna avere fretta. È necessario stabilire una scala di priorità, andando a definire passo dopo passo quali siano le azioni corrette da fare. Altrettanto importante è determinare chi si occuperà di quali aspetti.
Specialmente all’interno di un’azienda bisogna ricordarsi che non si è soli, ma esistono aree preposte a gestire differenti attività a cui corrispondono competenze e conoscenze differenti che possono incidere in maniera complementare all’interno di un processo di gestione del cambiamento.
Condividere, delegare, supportare e organizzarsi sono i quattro pilastri che servono a gestire un cambiamento a livello organizzativo.
All’interno di questo processo è fondamentale comprendere su quali aspetti dobbiamo focalizzarci noi in prima persona o il nostro team.
Conoscere il proprio valore e la sua applicazione in termini organizzativi ci permetterà di suddividere chiaramente i compiti con i nostri colleghi.
Questo processo di analisi del cambiamento ci porterà a viverlo con curiosità, consapevoli delle opportunità che può portare con sé.
Ricordarsi che la forza di un’organizzazione sta proprio nelle persone è il tassello che ci permetterà di gestire e organizzare il cambiamento al meglio.
Dobbiamo comprendere su quali aspetti sarà necessario intervenire per gestire il cambiamento e quali fattori e conoscenze bisognerà mettere in campo per ottenere dei buoni risultati durante un periodo di trasformazione.
Bisogna quindi essere consapevoli di quale possa essere il nostro contributo, a livello personale o di team, e comprendere come comunicarlo chiaramente agli altri in modo tale che ci si possa coordinare al meglio in termini di tempistiche e contenuti.
Un lavoro così impostato richiede impegno, chiarezza e flessibilità ma ci porterà il grande risultato di percepire una capacità di controllo crescente rispetto al cambiamento che stiamo vivendo.
Per un’organizzazione vivere una fase di cambiamento può spaventare proprio perché le persone percepiranno incertezza e impossibilità di prevedere chiaramente il loro ruolo all’interno del processo.
Tuttavia la paura di cambiare può essere dominata con la razionalità e con la consapevolezza che ogni crescita richiede delle trasformazioni e che queste per essere governate hanno bisogno di competenze, condivisione e fiducia.
David Goleman, psicologo statunitense, ci ricorda che ad oggi l’intelligenza emotiva è due volte più importante delle competenze tecniche.
Questa riflessione mette immediatamente in luce quanto la chiave del successo per un’azienda oggi risieda proprio nella capacità delle persone di organizzarsi, supportarsi, comprendere come poter intervenire a supporto di un processo o di un collega, condividere le capacità e le perplessità.
Questa sfera è passata in primo piano anche perché ad oggi i cambiamenti sono sempre più frenetici e all’ordine del giorno e, come detto, non sono le capacità tecniche e costituire la chiave per una gestione di successo.
Le conoscenze tecniche sono fondamentali, ma da sole non bastano.
Senza quella sfera di soft skills, di empatia e di capacità di organizzazione e condivisione le competenze tecniche non avrebbero modo di circolare all’interno dell’azienda.
Si genera così uno scambio cognitivo continuo in cui persone appartenenti allo stesso team o a differenti aree dell’azienda si supportano e collaborano tra loro, specialmente nella gestione di processi nuovi e fasi di cambiamento e, perciò, di incertezza.
La capacità di adeguarsi al cambiamento farà la differenza nel ciclo di vita di un’azienda.
Sopravviveranno e cresceranno quelle realtà in cui la conoscenza tecnica si sposa con l’intelligenza emotiva e sociale, ciò consentirà di costruire un ambiente in cui collaborazione e scambio porranno le basi per gestire i cambiamenti a venire al fine di trarne i migliori frutti.
Ma quali possono essere i cambiamenti che più nell’immediato coinvolgeranno il mondo del lavoro?
Viviamo sicuramente un momento difficile e nuovo sotto molti punti di vista.
Cambiamenti e trasformazioni profonde a livello sociale hanno, e stanno, profondamente plasmando e modificando anche il mondo del business.
Si pensi allo sforzo di gestione che tantissime aziende hanno dovuto affrontare quando dall’oggi al domani si sono ritrovate a dover operare totalmente a distanza.
Situazioni del genere, vissute quasi due anni fa dalla totalità dei lavoratori, ci dimostrano come un cambiamento, se non viene ben affrontato e strutturato, può rivelarsi dannoso se non addirittura catastrofico. Dall’altro lato ci porta anche a riflettere sull’inevitabilità dei cambiamenti stessi.
Ma se all’epoca non c’era tempo e modo per organizzarsi e gestire il cambiamento oggi invece lo si può trovare.
Una prima importante riflessione va sicuramente dedicata al fatto che il periodo di grande criticità che la pandemia ha causato ha provocato un’accelerazione di alcuni fattori di cambiamento nella società e nel mondo del lavoro.
In primo luogo la tanto discussa e apprezzata diffusione dello smart working.
Una modalità di lavoro che era considerata futuristica o, in ogni caso, ad appannaggio di pochi si è estesa alla maggioranza dei lavoratori lasciando gran parte di questi piuttosto soddisfatti.
E se è vero che il cambiamento è avvenuto in maniera precipitosa e repentina è anche vero che, come tutti i cambiamenti, non può essere cancellato.
Passare ad una nuova modalità di lavoro in modo così brusco è stato sicuramente caotico tanto per le organizzazioni quanto per le persone così da costituire per molti un serio problema di gestione, per lo meno in fase iniziale.
Eppure ad oggi sono moltissimi i lavoratori che esprimono la volontà di restare in smart working o quantomeno di poter lavorare con una forma ibrida tra presenza e distanza.
Le aziende devono quindi strutturarsi tenendo in considerazione questo aspetto.
Poter lavorare da casa è diventato un benefit piuttosto accessibile ed irrigidirsi davanti a questo cambiamento, rifiutandolo e non mettendolo a disposizione dei propri collaboratori, rischia soltanto di far perdere risorse preziose all’azienda o di veder scappare i migliori candidati per un processo di selezione in corso.
Diventa fondamentale la capacità di gestione delle aziende rispetto a questo elemento.
Non soltanto è utile strutturarsi per riuscire a lavorare garantendo quantomeno una modalità mista tra presenza e lavoro da remoto, ma bisogna di conseguenza ripensare i vari processi affinché possano funzionare considerando questo scenario come permanente e non come un’emergenza temporanea.
Ciò significa, per esempio, ridisegnare i processi di On-boarding e di affiancamento per nuove figure che entrano a far parte dell’organizzazione e che si inseriranno in un ambiente lavorativo che opera abitualmente in modalità parzialmente digitali.
Anche in questo caso saranno le soft skills a fare differenza nel costruire un ambiente ben strutturato ed efficace. Le nuove pratiche lavorative infatti richiederanno un occhio di particolare attenzione per quanto riguarda l’empatia e la comunicazione, due capacità di sostanziale importanza per creare un buon clima all’interno del team soprattutto se non si ha occasione di vedersi, confrontarsi e lavorare fianco a fianco ogni giorno.
Comprendere la giusta importanza di questi fattori permetterà di creare un ambiente in cui sostegno e fiducia circolino tra le persone che sono chiamate a collaborare.
Sostegno da parte di chi già c’è per coordinarsi al meglio in queste nuove modalità e sostegno per chi si inserirà in una nuova realtà lavorativa e avrà modo di conoscerla e viverla in presenza solamente a tratti.
La base per garantire sostegno è sicuramente la comunicazione attraverso cui la nostra capacità di comprendere e di allinearsi con i bisogni degli altri si manifesta.
Solide capacità comunicative permettono di far circolare tra le persone all’interno del team le informazioni e le conoscenze necessarie per portare a termine i vari task, consentono di coordinarsi in modo efficace in caso di dubbi o intoppi e permettono inoltre di seguire e affiancare in modo appropriato le figure più junior.
Lavorare su questa sfera di elementi contribuirà a costruire un ambiente di fiducia in cui la distanza non metterà in dubbio l’operato delle persone poiché, anche a distanza, si lavorerà supportandosi e confrontandosi in modo da essere sempre allineati ed avere visibilità del lavoro del team, come se si fosse in presenza.
Non si tratta di un’attività di controllo, ma della costruzione di un clima di collaborazione e comunicazione trasparente che permetterà sia di operare al meglio anche se distanti e di avere sempre una visione di insieme del lavoro del team o, quantomeno, dei task su cui si sta lavorando.
Un altro elemento, speculare ma di natura opposta, su cui oggi diverse aziende si trovano a dover intervenire è quello legato al rientro in ufficio a seguito di un lungo periodo di smart working.
Le aziende sono chiamate a gestire questa fase a livello organizzativo e di impostazione.
Non è possibile tornare a vivere gli ambienti di lavoro e la socialità con i colleghi così come si faceva in passato, è necessario quindi strutturare gli spazi affinché rispettino le normative e ciò spesso, tra le altre cose, si traduce in una suddivisione dei giorni in presenza tra le varie persone.
E’ anche necessario fornire una spiegazione sulla richiesta di rientro.
Chi ormai opera in smart working da tempo e si è abituato a gestire il lavoro in questa modalità ne coglie gli aspetti positivi che, magari, a primo impatto, scombussolati da un cambiamento così consistente e rapido si faceva più fatica a focalizzare.
Se la richiesta di rientro è unita ad una continuazione dello smart working viene generalmente ben accettata.
Non dispiace avere occasione di poter tornare in ufficio, soprattutto nelle giornate in cui ci sono attività che richiedono la collaborazione di molti e per cui è più agevole vedersi in presenza piuttosto che attraverso lunghe ore di call, magari anche a telecamera chiusa.
Riscontrano sicuramente maggiori difficoltà in questo ambito tutte quelle aziende che chiedono ai lavoratori di ritornare a una presenza totale, lasciando numerose perplessità sulla motivazione aldilà di questa scelta.
I lavoratori chiamati ad un rientro totalmente in presenza, che potrebbero però continuare ad usufruire dello smart working, rimangono spesso perplessi e faticano ad allinearsi con questa scelta aziendale.
I cambiamenti, come detto, non possono essere evitati o cancellati, a maggior ragione se avvengono su scala così ampia.
Rifiutare di riconoscere il lavoro a distanza come una modalità che ad oggi si è diffusa tanto da essere considerato un benefit per molte categorie di lavoro significa per un’azienda esprimere una visione anacronistica.
Il risultato spesso inevitabile di questa scelta è quello di vedere le persone allontanarsi dalla propria realtà per inserirsi in nuovi contesti che hanno abbracciato i cambiamenti avvenuti e hanno lavorato, e lavorano, per organizzarsi al meglio secondo le modalità che ad oggi risultano ormai contemporanee.
Affrontare un cambiamento significa proprio questo, lavorare in profondità per consolidarlo in modo tale da non perderne le potenzialità sia per le persone che per l’operatività.
Un altro elemento cruciale di cambiamento che coinvolgerà sempre più ambiti all’interno del mondo del lavoro è sicuramente dato dalla crescente diffusione dell’automazione e dell’intelligenza artificiale.
Due campi che stanno conoscendo consistenti sviluppi e che rimpiazzeranno o perlomeno cambieranno il modo in cui si lavora.
Alcune mansioni saranno sostituite totalmente dall’operato di una macchina, molte altre invece si troveranno a dover collaborare e confrontarsi sempre di più con sistemi di intelligenza artificiale, costruiti ed inseriti in azienda a seconda delle specifiche caratteristiche ed esigenze di quel dato contesto lavorativo.
Le aziende saranno chiamate a ripensare e progettare i contenuti e le modalità di svolgimento più tradizionali, dando spazio, a seconda della specifica realtà aziendale, alla misura in cui questi cambiamenti si inseriranno nella quotidianità lavorativa.
Come possono prepararsi le aziende per affrontare questa tipologia di cambiamenti?
Il primo fondamentale passo consiste nel costruire una chiara fotografia della situazione attuale dell’azienda in modo tale da comprendere quali siano i punti di possibile maggiore crescita o sviluppo in relazione con i cambiamenti che il settore di appartenenza affronterà.
L’intelligenza artificiale è pensata per supportare e aiutare le persone, sgravandole dai compiti più rischiosi, complessi o ripetitivi che possono essere chiamate a svolgere.
Tuttavia in alcuni casi una crescente automazione può inevitabilmente significare una sostituzione della persona con la macchina o il software.
Le aziende devono sviluppare una visione chiara degli ambiti in cui l’intelligenza artificiale andrà a ridurre o a modificare in modo consistente le mansioni svolte da persone.
L’obiettivo è quello di costruire un quadro in cui siano definite le competenze di cui l’azienda avrà bisogno per operare, individuando quelle che probabilmente verranno automatizzate e portate avanti da macchine e quelle invece che rimarranno al di fuori di questo processo.
Probabilmente nasceranno così nuovi ruoli o, in ogni caso, ambiti di lavoro e collaborazione che ad oggi non sono presenti o approfonditi.
Ovviamente si tratta di uno scenario estremamente volubile che può modificarsi profondamente per tipologia, consistenza e quantità di cambiamenti a seconda del settore e del business in cui si opera.
D’altronde comprendere in che misura l’intelligenza artificiale plasmerà il mondo, non soltanto lavorativo, è la domanda più complessa a cui dare oggi una risposta.
Non soltanto per la quantità di scenari differenti che una risposta completa deve considerare, ma anche per il grado di incertezza e di estensione che questo cambiamento sta portando con sé.
La forma che il mercato del lavoro acquisterà un domani sarà il risultato di differenti e complessi elementi, il ruolo di ogni organizzazione in questo scenario di consistenti cambiamenti difficili da prevedere è quello di cercare di restare al passo con sé stesse.
Ciò significa analizzare e conoscere le aree di sviluppo del proprio business e le competenze che sono necessarie per crescere, operare oggi con uno sguardo fisso anche sul domani.
La staticità, soprattutto in questa sfera, può essere letale per un’azienda.
Ogni organizzazione dovrebbe possedere risposte chiare rispetto a quali skills siano necessarie per affrontare con successo questa trasformazione, comprendendo quali obiettivi e quale forma deve darsi l’azienda per crescere.
Ogni cambiamento in capo alle aziende, che sia relativo alla crescente automazione o alle differenti modalità di lavoro, gira attorno ad un univoco punto per la sua corretta gestione: la scelta delle persone giuste.
Indipendentemente dal settore di attività e dalla specifica struttura dell’azienda a portarne avanti la mission e a concretizzare giorno dopo giorno i vari obiettivi sono le persone che vi operano all’interno.
L’unico modo per affrontare in modo efficace i cambiamenti che il quotidiano e il futuro lavorativo porterà con sé è dato dall’investire energie ed attenzione nei processi di Recruitment e di On-boarding.
Costituiscono le uniche due vie attraverso cui un’azienda sceglie ed inserisce persone al proprio interno e si tratta quindi di due processi che danno forma e supportano la risorsa più importante che ogni business può possedere.
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